To the Moon, quando il gioco è un libro

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Credo che il bello dei videogiochi sia l’essere poliedrici, perché permettono rispetto agli altri media, non solo di sfruttare le sensazioni visive ed uditive, la possibilità di narrare delle storie senza limiti imposti di tempo e spazio, e di interagire in prima persona con gli stessi… Ma proprio per loro natura nessuna di queste cose deve essere necessaria per renderlo un buon prodotto!

Mi viene in mente Dear Esther, un’esperienza visiva fantastica, ci si sente davvero immersi in quell’isolotto, in quelle grotte, in quelle spiagge… Il rumore del vento, il gorgogliare dell’acqua, i passi sulla sabbia…
Mi viene in mente, To the Moon, che con una semplice grafica a 16bit racconta una storia semplice e molto bella, lo fa con una consapevole tecnica narrativa, giocando con una storia narrata tramite dei flashback, ovvero a ritroso, dove noi siamo difatto meri spettatori (se non per piccole eccezioni), come un lettore che gira le pagine di un libro.
Credo che titoli come questi siano una dimostrazione di maturità di questo media, che è ormai esplorato nelle sue infinite possibilità di comunicazione, e che grazie a questi titolo indie ci regala esperienze davvero uniche.

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