PS4 – Metal Gear Solid 5 : The Phantom Pain – Recensione

Disponibile per: PS3, PS4, Xbox 360, Xbox One, PC.

Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain è in teoria il capitolo conclusivo della serie. Si torna al passato a visionare le vicende che hanno reso Big Boss un personaggio così leggendario, questa volta in un capitolo completamente Open World.

Big Boss the legend
Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain ci metterà di nuovo nei panni di Big Boss, e ci mostrerà perchè è diventato una leggenda. La storia vedrà il protagonista viaggiare parecchio, con come base di partenza una base in mezzo al mare, dove potremo iniziare a reclutare il nostro personale esercito, il quale farà salire il livello della base. Espandere la base serve non solo a scopo di intrattenimento, infatti girando per la base potremo assistere a varie conversazioni, effettuare il tiro a bersaglio, visitare lo “zoo” dove troveremo tutti gli animali raccolti, e così via… ma reclutare personale serve anche a far avanzare la ricerca sulle armi, in modo da averne di nuove e sempre più avanzate per le missioni, a creare team da mandare in missione, ed un’altra serie di attività legate al gameplay.

Piena libertà
Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain ci vedrà molto spesso a bordo di un elicottero, dal quale potremo decidere la prossima missione. Ogni missione è divisa in primaria e secondaria, e possono essere svolte senza un ordine ben preciso. Ogni missione ha degli obiettivi e richiede di pianificare se vogliamo portarci dietro un compagno (cavallo, lupo, il cecchino Quiet o un piccolo robot), un mezzo di trasporto, oltre che l’orario in cui la vogliamo affrontare ed il punto di rilascio. Aldifuori delle missioni invece possiamo limitarci ad esplorare la mappa, magari per catturare militari, animali, esplorare alla ricerca di segreti od oggetti, o semplicemente gironzolare per conto nostro negli ambienti di gioco, che questa volta sono quasi del tutto all’aperto, con effettivamente non molti edifici da esplorare.

Nuove e vecchie conoscenze
Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain vedrà approfondito il rapporto tra Big Boss ed Ocelot, oltre che il personaggio di Miller, che qualcuno ricorderà in particolare per il primo gioco della serie. Oltre a questi abbiamo delle “new entry”, a parte il “cattivo” Skull Face, c’è la giovane e misteriosa Quiet, che ha fatto scalpore per il suo “outfit” a dir poco minimal, e che Kojima giustifica con motivi di storia… (furbetto) Lo stile è il solito già visto, sempre con un mix di realistico e soprannaturale, talvolta strizzando l’occhio come a dire: non tutto è quello che sembra, ma poi si tende sempre a finire col giustificare situazioni al limite dell’impossibile.

Grafica e sonoro
Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain è davvero una gioia per gli occhi. Il motore grafico già intravisto in Ground Zero da spettacolo negli ambienti Open World, con un dettaglio ottimo, ed in particolare convincente nelle scene di intermezzo, dove i modelli poligonali dei protagonisti sono davvero ben fatti! La novità più eclatante è il cambio di doppiatore storico per la versione Inglese di Big Boss, che non è più Hayter, ma già da Ground Zero il ruolo viene affidato niente meno che a Kiefer Sutherland! Non si può non notare la bravura di quest’ultimo, tuttavia il buon Hayter forse meritava di concludere la saga.

Conclusioni

Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain è la serie in salsa Open World. Questo porta a pregi e difetti. Da un lato c’è una certa ripetitività di situazioni, e talvolta un inutile perdita di tempo negli spostamenti. Dall’altra offre un campo di gioco molto più ampio, che permette una pianificazione molto più personale e libera delle missioni, anche grazie alle tantissime opzioni disponibili a nostra disposizione. Un capitolo atipico, che non perde l’anima chiacchierona dei precedenti, con tantissima carne al fuoco, e purtroppo qualche domanda che rimarrà in sospeso forse per sempre.

Voto:90

+ Graficamente di ottimo livello

+ Open World apre a nuove e più ampie possibilità di approccio

– Ma lo rende anche dispersivo e ripetitivo essere Open World

– Alcuni nodi della storia rimarranno un mistero

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